Un fiore bianco in un paesaggio innevato.
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Le “non azioni” che contano

Scrive Andrea De Carlo, scrittore e musicista:

“Fai attenzione ai tuoi pensieri, diventano parole.

Fati attenzione alle tue parole, diventano azioni.

Fai attenzione alle tue azioni, diventano abitudini.

Fai attenzione alle tue abitudini, diventano carattere.

Fai attenzione al tuo carattere, diventa il tuo destino”.

Ed ecco che è facile, leggendo questa citazione, risalire a come tutto abbia inizio dai nostri pensieri.

Dai nostri pensieri si originano i più grandi miracoli, e i più grandi problemi.

Il pensiero veicola energia

Spesso, chi mi ha conosciuto sa’ che una delle frasi che spesso ripeto è “Il pensiero veicola energia“. Attraverso il nostro pensare, noi orientiamo il nostro procedere, diamo una direzione alla nostra vita e, sempre attraverso i nostri pensieri, noi diamo una forma, organizziamo, il nostro sentire e permettiamo ad esso di diventare un’immagine che può essere raccontata a parole. Condivisa.

Secondo la teoria costruttivista il linguaggio che noi usiamo per raccontare la nostra realtà è quello che crea la realtà stessa e, come tale, non è qualcosa di oggettivo e insindacabile, ma strettamente connessa a come noi impariamo a leggere ciò che ci circonda, che ci è accaduto, che proviamo, che abbiamo sentito.

Spesso nelle preghiere si fa riferimento a “pensieri, parole, opere e omissioni”, evidenziando la circolarità del processo, la conseguenzialità di ciò che accade e soprattutto, la connessione che sta alla base del tutto. I pensieri diventano parole, che diventano opere, azioni oppure non azioni, omissioni. Da quest’ultimo tassello, si originano altri pensieri.

Ma perchè il riferimento è ad “opere e omissioni”?

Perchè anche ciò che non facciamo diventa importante? Aristotele affermava:

Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente, perciò l’eccellenza non è un atto, ma piuttosto un’abitudine.

Se è vero che un’azione non definisce esattamente chi siamo, ma un insieme di azioni sì, allora anche il suo opposto sarà altrettanto vero, non credi?

Scegliere quotidianamente di fare o non fare determinate cose, alla lunga, nel tempo, in relazione al contesto in cui viviamo, costruisce una nostra immagine e una nostra identità per il mondo che ci circonda.

Quante volte ti sei sentit* non capit*, non accettat*, esclus*…? E quante volte, piuttosto che puntare il dito verso gli altri, ti sei fermat* a chiederti che cosa facessi o non facessi per rafforzare il messaggio che avresti voluto trasmettere, l’immagine di te che avresti voluto dare?

Se ciò che è manifesto è sotto gli occhi di tutti, se quello che facciamo è facilmente guidicabile da chi ci osserva, dove potremmo portare maggiore l’attenzione nel nostro quotidiano per far sì che qualcosa si trasformi?

A ciò che non facciamo: alle “non azioni” che contano.

La rivoluzione del non fare

Dare importanza a quello che solitamente siamo soliti NON fare è una vera rivoluzione del nostro modo di pensare e dunque, di comunicare, di agire, di vivere.

Se sono solit* curare solo alcuni aspetti del mio quotidiano, forse è proprio da tutto il resto che potrei incominciare per attivare un processo di trasformazione. Come?

A piccoli passi. Giorno dopo giorno. Senza fretta, ma con tanto amore. Per me stess*.

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